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Tornare in Italia lavorando in smart working con il regime “impatriati”

L’Agenzia delle Entrate italiana ha chiarito di recente che un cittadino iscritto all’Aire, dipendente di una società straniera, può usufruire del regime speciale per lavoratori “impatriati” se rientra in Italia continuando a svolgere l’attività in modalità smart working per la stessa azienda.

Nella fattispecie, l’istante aveva lasciato l’Italia nel 2013 per trasferirsi negli Stati Uniti, e dal 2019 è iscritto all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (Aire). Dal 2017 è anche papà di una bimba. La società estera gli ha concesso di lavorare a distanza per un periodo di almeno due anni e lui ha intenzione di trasferirsi, da quest’anno, in Italia, con tutta la famiglia.

Il contribuente ha allora chiesto di poter beneficiare dal 2021 del regime fiscale di favore introdotto per attrarre dall’estero lavoratori dipendenti e autonomi, e usufruire del suo prolungamento per altri cinque anni, oltre ai cinque ordinari, come previsto in caso di figli minorenni.

L’Agenzia, nella sua pronuncia, ha quindi riportato in sintesi i casi nei quali è prevista l’agevolazione del regime “impatriati” e ricorda, tra l’altro, che possono usufruire del regime gli iscritti all’Aire, i cittadini dell’Unione europea o di uno Stato extra Ue con il quale risulti in vigore una Convenzione contro le doppie imposizioni o un accordo sullo scambio di informazioni in materia fiscale:

  • in possesso di un titolo di laurea e a condizione che abbiano svolto “continuativamente” un’attività di lavoro dipendente, di lavoro autonomo o di impresa fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più, ovvero
  • che abbiano svolto “continuativamente” un’attività di studio fuori dall’Italia negli ultimi due anni o più, conseguendo un titolo di laurea o una specializzazione post lauream.

Il trattamento agevolato può essere applicato per cinque anni a decorrere dall’anno d’imposta in cui è avvenuto il trasferimento della residenza. È inoltre rinnovabile, a determinate condizione, per un altro quinquennio.

L’Agenzia, con la circolare n. 33/2020, ha fornito chiarimenti anche in merito alla corretta applicazione del bonus alla luce dei cambiamenti che lo hanno interessato e, in particolare, nei casi in cui il cambio di residenza è avvenuto a partire dal 30 aprile 2019.

Ai fini dell’interpello, la circolare ha precisato come non sia richiesto che l’attività del lavoratore sia svolta per un’impresa operante in Italia: di conseguenza, possono beneficiare del taglio dell’imponibile prodotto nello Stato anche i dipendenti di aziende o enti esteri o i cui committenti siano stranieri e non residenti.

L’Agenzia ritiene, in conclusione, che l’istante possa applicare l’agevolazione “impatriati” dall’anno in cui rientra in Italia e per i successivi quattro periodi di imposta. Avendo un figlio minorenne potrà, inoltre continuare a beneficiare dello sconto fiscale per altri cinque anni con tassazione del reddito agevolato nella misura ridotta del 50 per cento.

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Questo articolo fornisce solo informazioni generali e non sostituisce in alcun modo la consulenza professionale. Si raccomanda di consultare un professionista qualificato prima di prendere qualsiasi decisione importante in merito a questioni finanziarie, legali o di altro tipo. L'autore e la pubblicazione non sono responsabili per eventuali errori o danni causati dall'utilizzo delle informazioni contenute in questo articolo.

Stefano Colombetti
Stefano Colombetti
Libero professionista, avvocato, partner Malta Business e presidente di Assomalta
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